TELAI, BURATTINI, LAMPADE E... OROLOGI

La filatura del lino e della lana, il telaio, i roccoli… I burattini, i lumi, le candele, gli orologi, così importanti nel passato della nostra gente.

Sala X – Telai, burattini, lumi e lanterne

Questa stanza è dedicala soprattutto ai tessuti. Ma di dove viene questa tecnica che ha permesso di fabbricare i tessuti ? Forse dal primo millennio avanti la nascita di Cristo. Ma quale la base di questa evoluzione che portò l’uomo a vivere fuori dalle caverne? La scoper­ta del filo.

L’intuito di questi progenitori li portò a capire che, mettendo paralleli uno accanto all’altro dei peli di lana e formando una specie di nastro che si poteva torcere, si otteneva un filo che aveva una certa resistenza.

Messi uno accanto all” altro piu fili paralleli tenu­ti da due bastoni, spostandone la metà verso l’alto e la seconda metà verso il basso (ordito) intersecando poi questa apertura con un filo tra­sversale (trama) quindi chiudendo questa bocca aperta, si otteneva quella che si chiama la tela. Sembra che I’ uomo abbia scoperto questo lavo­ro fin dal neolitico; ma sicuramente per attuarlo ebbe bisogno di arnesi. Questi arnesi furono creati e perfezionati continuamente e servirono I’ uomo lino a poco più di cento anni or sono, nella loro quasi originaria forma e funzione.

Primo fra tutti è la rocca: al limite allo di tali roc­che venivano collocali i peli (e più tardi le libbre tessili come lino, canapa, cotone): l’a­sta della rocca veniva trattenuta sollo l’ascella della filatrice, la quale sfilando poche fibre per volta e torcendole con il pollice e l’indice, for­mava un nastro: l’inizio del filo. Questo fuso per la sua speciale forma era adatto a girare e così giran­do torceva con regolarità il filo, attribuendogli una buona resistenza. Verso il sec. XIV il filatoio o molinello, mutò fondamentalmente il sistema della rocca e facilitò il lavoro di produzione dei fiati, svolti dal fuso o dal molinello che il aveva raccolti e trasformati in matas­se: permettendo di lavare, sgrassare e tingere i fili di lana e di altre libre. Dalle matasse poi si fecero dei rocchetti e da questi l’ordito.

Il telaio esposto, mostra come si otte­neva la tela con I’inserzione della trama, cioè del filo trasversale. I tessuti di lana venivano prodotti partendo dal vello delle pecore; ma c’era anche la colti­vazione del lino che dava i tessuti per la bian­cheria personale e quella della casa. Quasi ogni famiglia produceva il lino, lo filava e lo tesseva. Il lino era coltivato in un campo non lontano dalle abitazioni, seminato in luglio, raccolto verso ot­tobre, si legavano le piante in lasci e si lasciava seccare. Poi si mettevano i fasci a macerare in una pozza d’acqua per circa una settimana. Per favorire la perdita della corteccia, si metteva­no sull’ aia a seccare di nuovo; infine si battevano ripetutamente con la gramòla allo scopo di eliminare la corteccia e conservare la fibra in­terna del lino. Poi con gli scardassi o carde si ri­passavano continuamente le fibre per mettere i f li paralleli e per eliminare le impurita La carda­tura permetteva di ottenere una fibra morbida e lucida. Di qui iniziava il procedimento della filatura dell’orditura e da ultimo della tessitura. Il lavoro era tutto svolto dalle donne di casa specie nei mesi invernali.

I Burattini

I burattini dei nostri paesi si chiamano giopi da Gioppino, la celebre maschera berga­masca distinta dai tre gozzi e armata dal tarél (bastone) che serve ad amministrare botte e giustizia. Non molto lontano nel tempo, i “gioppini” erano o spettacolo consuelo delle domeniche ne paesi, con drammi e commedie per ra­gazzi e per adulti. Le baracche del burattinaio erano mobili e smontabili, cosicchè trovavano luogo un pò dovunque. Qui a Zogno i gioppini avevano il loro posto sotto il portico di quella che si chiama la strecia di asegn: l’andito esiste ancora, ripulito e illummato, ma senza più la baracca dei gioppini. Il personaggio più importante era sempre Giop­pino con il contorno della moglie e della famiglia “gioppinona”. Gli altri erano il necessario corre­do per la storia da rappresentare; oltre alle maschere venete (Arlecchino, Brighella) a quelle emiliane (Sandrone), c’erano i personaggi che servivano all’intreccio: re, regine, fanti e soldati, dame e cavalieri, bevitori buffoni, donne innamo­rate. Queste produzioni bastavano ai ragazzi d’ una volta e risate, paure, lacrime erano il divertimen­to emozionante ricavato dalle rappresentazioni. Botte e mangiate, paradossi e storie incredibili, parole scurrili e gesti altrettanto chiari, tutto condito dal sale del dialetto, dalle facezie e dai suoni gutturali della parlata popolare. Il teatrino finiva al tramonto e i ragazzi ritorna­vano alle loro case col cuore in tumulto per via della storia, dell’incredibile che avevano visto, dei misteriosi avvenimenti e delle risate che avevano potuto fare. Speravano di rivedere an­cora i gioppini, rimandando I’ ansia e il desiderio alla prossima festa.

Salvo qualche vecchio che persiste a fare que­sto mestiere, la tradizione s’è perduta; sono ri­maste le teste di legno dei gioppini che sono diventati argomento di studio e di raccolta. Quelli pregiati sono scolpiti nel legno e di regola erano fatti dal burattinaio stesso; avevano l’espressio­ne giusta per il personaggio che volevano effi­giare, erano volti adattali alle storie narrate e il loro carico violento di espressione contribuiva non poco insieme alle parole del dialetto, ad ac­centuare il pathos della storia.

Loro, i burattinai girovaghi e provviso­ri, non esistono piu. In antico s’accompagnavano ai ciarlatam, ai cavadenti agli zingari, ai mer­canti ambulanti, dal secolo XVIII fino alla fine del secolo XIX hanno allietato generazioni di ragaz­zi in tutti i paesi del contado; poi hanno perso i viandanti amici e sono rimasti soli, sono stati messi da parte dalle novita del mondo moderno. Quelli che resistono e sopravvivono sono diven­tati come patetici ricordi di un mondo che non esiste più.

I lumi e le lanterne

All’alba della preistoria, la luce era soltanto quella del sole: il sole era il Dio che rendeva possibile la vita e fecondava tutto col suo calore.

All’origine della civiltà l’uomo volle dissipare il buio delle notti e usò la torcia di le­gno impregnata di sostanze resinose. Assai piu tardi, (e stranamente in molti luoghi della terra e in maniera indipendente) si inventò qualche cosa di simile a ciò che noi chiamiamo la can­dela: un filo che poteva dare luce bruciando la materia grassa che gli stava intorno. Poi venne la lampada ad olio, la “lucerna” che ebbe grandissima diffusione su tutti i continenti, assai più della candela.

Questi due sistemi illuminarono le notti per mol­to tempo, dalla preistoria alla storia, finchè, all’incirca due secoli or sono, vennero in uso le lampade a gas e le lampade a petrolio. Da ultimo, nel 1880, fu inventata la lampadina elettrica, che con molte varianti noi usiamo tut­t’ora.

Nella vetrina dedicata ai lumi, c’è rappresentata nelle sue forme essenzial e pratiche, questa lunga storia della tuce che accompagno I’uomo nelle sue notti. I lumi ad olio furono quelli che durarono di più, fino alle moderne soluzioni della illuminazione. A Serina c’erano diversi artigiani che con lamine di rame o di ferro, fabbricavano le vaschette che qui sono presentate appese a un cerchio, munite di stoppino e gancio per appenderle.

Sono gli alum che furono impiegati nelle re­mote contrade della nostra Valle, fino a non molti anni addietro. E insieme a questi lumi pri­mitivi verranno notati nella vetrina, le lampade a candela, a olio, a petrolio e i recipienti curiosi di ferro per l’olio delle lampade. Non sono più in uso nelle nostre case, ma conservano ancora il loro fascino e la loro utilità, quando un tempora­le indomabile e fragoroso, interrompe le linee dell’ energia elettrica.

Le XII Sale del Museo

SALA I

Museo della Valle Zogno - Fondazione Polli Stoppani - SALA I FERRO - Anello entrata portone

La fucina del fabbro

SALA II

MUSEO DELLA VALLE Fondazione Polli-Stoppani - Zogno (Bergamo) - SALA III - La Cucina 640x427

La cucina delle antiche case

SALA III

Museo della Valle Zogno Bergamo SALA IV LA CAMERA DA LETTO 640X427

La camera da letto

SALA IV

Museo della Valle Zogno - Fondazione Polli Stoppani - Sala IV Pascolo e Lavoro nei Campi

Pascolo e lavoro nei campi

SALA V

MUSEO DELLA VALLE Fondazione Polli-Stoppani - Zogno (Bergamo) - SALA VI - La Casera - 640x427

La lavorazione del latte

SALA VI

MUSEO DELLA VALLE Fondazione Polli-Stoppani - Zogno (Bergamo) - SALA VII - La Fabbrica degli Zoccoli - 640x427

Zoccoli, ciabattino e caccia

SALA VII

MUSEO DELLA VALLE Fondazione Polli-Stoppani - Zogno (Bergamo) - SALA VIII - L'Osteria 640x427

L’osteria del paese

SALA VIII

Museo della Valle -Zogno - Fondazione Polli Stoppani - SALA VIII Lavoro e Arnesi Domestici

Lavoro e arnesi domestici

SALA IX

Museo della Valle - Zogno - Fondazione Polli Stoppani - SALA IX - Candelieri, giochi e gramola

Candelieri, giochi e gramola

SALA X

Museo della Valle Zogno - Fondazione Polli Stoppani - SALA 10 - Telai, burattini, lumi e lanterne

Telai, burattini, lumi

SALA XI

MUSEO DELLA VALLE Fondazione Polli-Stoppani - Zogno (Bergamo) - SALA V - La Religiosità Popolare - 640x427

La religiosità popolare

SALA XII

MUSEO DELLA VALLE Fondazione Polli-Stoppani - Zogno (Bergamo) - SALA V - La Religiosità Popolare - 640x427

Esposizioni temporanee e incontri

MUSEO DELLA VALLE Fondazione Polli-Stoppani - Zogno (Bergamo) - link frecciaVisite

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